Delibera Consiglio regionale 27 Luglio 1990, n. 1

  • Emanante: 3
  • Regione: Lazio
  • Fonte: B.U.R.
  • Numero fonte: 24
  • Data fonte: 03/08/1990
Approvazione del documento politico-programmatico della giunta regionale.

Thesaurus: Agenzie per il lavoro

Abstract:

Approvazione del documento politico-programmatico della giunta regionale: revisione dello statuto e processo di autoriforma, crisi del regionalismo, i contenuti culturali e politici della riforma. le proposte, collocazione nel sistema regionale europeo, le politiche di base, interventi a sostegno dell’attivita’ produttiva, politiche del lavoro, assetto del territorio e modello di sviluppo, politica ambientale, sistema finanziario regionale. politica del personale, le politiche per la qualita’ della vita, gestione dei servizi. sanita’, servizi sociali, trasporti. servizi culturali, politica della casa e per l’edilizia scolastica, interventi sul territorio.

Proposta di programma

Queste linee programmatiche – elaborate con il contributo sostanziale di tutti i Partiti che hanno dichiarato la disponibilita’ politica a far parte della maggioranza di governo-sono state redatte con il seguente schema: prima parte – revisione dello statuto e processo di autoriforma. Crisi del regionalismo. I contenuti culturali e politici della riforma. Le proposte. Collocazione nel sistema regionale europeo. Seconda parte – le politiche di base. Interventi a sostegno dell’attivita’ produttiva. Politiche del lavoro. Assetto del territorio e modello di sviluppo. Politica ambientale. Sistema finanziario regionale. Politica del personale. Terza parte – le politiche per la qualita’ della vita. A) gestione dei servizi. Sanita’. Servizi sociali. Trasporti. Servizi culturali. Politica della casa e per l’edilizia scolastica. B) interventi sul territorio. Piano per il risanamento delle acque. Piano dei rifiuti. Sistema di protezione civile. A venti anni dalla loro Costituzione, le Regioni a statuto ordinario si trovano di fronte ad un appuntamento improrogabile con la societa’ civile e con gli altri livelli istituzionali: la revisione degli statuti e l’avvio di un profondo processo di autoriforma. Gia’ durante la IV Legislatura, la classe dirigente regionale e le forze politiche del Lazio avevano acquisito piena consapevolezza di questa esigenza. Nella fase finale, infatti, il Consiglio regionale aveva dibattuto in una seduta allargata anche allo stesso governo e agli enti locali, questa prospettiva, evidenziando le difficolta’ e le diversita’ di impostazione, ma anche i punti di incontro. E sottolineando, comunque-con unanime giudizio di tutte le forze politiche presenti-che la sola riforma delle autonomie locali in senso stretto, senza una revisione degli statuti regionali, non avrebbe potuto produrre gli adeguamenti e i cambiamenti necessari. Le forze politiche regionali pur con toni diversi, hanno tutte ulteriormente sottolineato questa urgenza, anche durante l’ultima campagna elettorale. Poi e’ venuta la riforma delle autonomie locali, approvata recentemente, che, pur se limitata in alcuni aspetti, e’ servita comunque a riportare il dibattito sul piano della concretezza e, soprattutto, ha ridato speranza a quanti da tempo invocavano almeno un passo in questa direzione. I Partiti che hanno preso l’impegno di proporre questo programma di governo per la V Legislatura, intendono assumersi prioritariamente e formalmente l’onere dell’avvio concreto del processo di autoriforma della Regione Priorita’ che viene formalmente esplicitata in questo documento che salda la Comune volonta’ delle forze di maggioranza di farsi carico del governo della Regione per rinnovare con il concorso di tutte le forze politiche presenti in consiglio, gli strumenti di gestione nella vita istituzionale e l’organizzazione della vita amministrativa. Per guidare questo processo di rinnovamento non basta tuttavia fissarne la priorita’ e individuarne gli sbocchi finali. Bisogna anche spiegare le ragioni e le cause che hanno accentuato negli ultimi tempi le difficolta’ dell’istituto regionale nella convinzione che l’accordo sull’analisi della situazione, rendera’ piu’ facile il cammino di tutti nella direzione giusta.

Prima parte – revisione dello statuto e processo di autoriforma.

1) Crisi del regionalismo.

Siamo consapevoli che l’approvazione degli statuti regionali- avvenuta in un contesto storico e in un clima di forte tensione politica e culturale-ha sciolto solo in minima Parte I nodi del regionalismo. Si e’ parlato percio’ di occasione mancata e di riforma incompiuta. Su un punto tuttavia, al di la’ di queste valutazioni piu’ generali, ci si trova oggi sufficientemente d’accordo: gli statuti sono in una fase di osbsolescenza. Sulla base di questa Comune constatazione ha preso corpo il dibattito sulla loro riforma, con grandi impennate di dottrina e con arditi disegni di ingegneria istituzionale, senza tuttavia trovare un ancoraggio preciso in termini legislativi, mentre la societa’ civile e la organizzazione economica e tecnologica mutavano a ritmi sorprendentemente piu’ accelerati. Oggi siamo tutti d’accordo nel chiedere e nel volere la riorganizzazione, anche a livello regionale, degli strumenti per governare questo cambiamento in atto, adattando norme e procedure alla realta’ specifica delle singole Regioni. Dal confronto sono emersi elementi di analisi che portano studiosi e amministratori a valutazioni sufficientemente concordi. Irrisolto e’ rimasto, ad esempio, il nodo del superamento sostanziale del centralismo. Su questo concordano anche coloro che, nell’euforia del varo delle Regioni, ritennero che finalmente fosse stato dato corpo- con gli statuti-a quello stato delle autonomie disegnato con chiarezza nella Carta costituzionale. Il “centralismo”, come metodo di governo e a volte come procedura e’ stato infatti, quasi del tutto recuperato, nella sostanza, tramite quella formidabile invenzione delle “leggi-quadro” e “leggi cornice” che da sole hanno mantenuto inalterata la capacita’ “direzionale” del centralismo. La verita’ e’ che al di la’ delle insufficienze statutarie e della carenza di volonta’ politica, la stagione del massimo fiorire del decentramento (che potenzialmente l’istituzione delle Regioni avrebbe potuto produrre), ha coinciso nel nostro paese con una fase di sviluppo economico caratterizzata da una radicale ristrutturazione industriale, che richiedeva un processo di integrazione verticale delle decisioni. E’ evidente che solo a livello centrale poteva esserci una risposta politica e che nessun pur efficace coordinamento a livello interregionale avrebbe potuto surrogare l’organizzazione centrale. Incompiuto e’ rimasto poi il disegno di organizzazione sostanziale della struttura finanziaria. Questo ha creato uno spazio permanente di conflittualita’ a tutti i livelli all’annuale scadenza della Legge Finanziaria. Ora invece e’ matura in tutti la convinzione che e’ stato un grave errore da parte delle Regioni impostare costantemente lo scontro sulla quantita’ delle risorse da mettere a disposizione, trascurando il problema della qualita’ e della certezza. Lo stato d’altra parte nello scambio politico ha sempre cercato di “monetizzare” la domanda di autonomia invece di “istituzionalizzare” -con nuove norme-altri livelli di responsabilita’ e di funzionalita’. Sostanzialmente incompiuto e’ rimasto anche il disegno di un sistema di programmazione che per metodi, strumenti e procedure avesse valenza istituzionale, e capacita’ di porre vincoli e ruoli a tutti i soggetti attivi, misurando con le compatibilita’ anche le risorse. L’assenza di questi strumenti ha pesato in maniera grave sul piano politico. Ad essa e’ riconducibile una esasperata conflittualita’ tra Regione e Regione e tra Regione ed enti locali, che ha non poco contribuito ad abbassare la credibilita’ del sistema complessivo delle autonomie. E anche qui va aggiunta una riflessione. Entrato in crisi, anche e soprattutto dal punto di vista ideologico, il concetto di pianificazione totalizzante ed essendo maturato lentamente quello di concertazione programmata dal basso, si e’ fatto grande uso della parola “programmazione” senza alcun ancoraggio reale a strumenti o procedure. Si potrebbe dire che la programmazione regionale e’ morta per overdose di buone intenzioni! Spinge ora verso la riforma anche la convinzione che siamo in presenza di un pesante riflusso del valore propulsivo delle Regioni, incapaci di incidere in termini sostanziali nella riorganizzazione del potere statale tra centro e periferia. Nel Lazio sentiamo in maniera particolare questo problema, coinvolti come siamo dal peso dell’apparato statale sui livelli istituzionali inferiori e da quello dell’area di Roma sul resto del territorio regionale. Tuttavia sappiamo che il cedimento del sistema regionalista non puo’ essere attribuito solamente ad una ripresa rigorosa del centralismo. Ci sono anche problemi di altra natura. In realta’ noi ci troviamo di fronte ad una situazione in cui piu’ che ad una perdita di peso delle istituzioni decentrate si registra una caduta delle capacita’ di direzione politica dell’intero sistema istituzionale, al centro- come in periferia. E dunque anche l’amministrazione centrale appare spesso nuda e disarmata di fronte alle trasformazioni sociali ed economiche. Non e’ in gioco il ruolo di questo o quel livello istituzionale, ma la stessa capacita’ di governo politico dei processi di cambiamento in atto o sul punto di esplodere. Quel che conta in questa fase e’ che alle forze politiche non sfugga un elemento decisivo: il quadro istituzionale si puo’ e si deve modificare per governare e far crescere autonomia e pluralismo e non ceno per inventare o rinvigorire poteri o contropoteri che suonerebbero comunque come un ulteriore segnale di debolezza verso la societa’ civile. La distribuzione quantitativa del potere – compreso quello economico-e’ certamente tra i compiti fondamentali di un sistema istituzionale ben coordinato, purche’ sorretto da un apparato amministrativo efficace e costruito su regole certe e non sulla discrezionalita’. Ma e’ soprattutto la qualita’ dei meccanismi che presiedono al dispiegarsi della vita sociale in tutti i settori, l’oggetto fondamentale delle riforme che tutti vogliamo, ad ogni livello.

2) I contenuti culturali e politici della riforma.

Pur in presenza di una riforma gia’ concretamente avviata, quella complessiva delle autonomie locali rimane per le Regioni il punto fermo del confronto politico con il Parlamento e con il governo della repubblica. L’obiettivo non e’ quello di aprire sul piano istituzionale un conflitto che e’ quasi perenne in altri settori; vogliamo invece concretizzare la consapevolezza politica che se le Regioni non diventano esse stesse “stato”, diventano automaticamente un segno di contraddizione e di debolezza; un fronte di conflittualita’ perennemente aperto con i cittadini intesi sia come soggetti politici che come utenti di servizi. Sotto questo profilo ci sono gia’ nel nostro sistema preoccupanti segni di separatismo e di localismo esasperati. A questi non trascurabili segnali, va contrapposto-con la riforma -un modello cooperativo, costruito su solidi strumenti istituzionali, all’interno di una visione unitaria dello stato, disegnato dalla Costituzione. Questo modello implica piu’ autonomia e piu’ responsabilita’, e quindi la creazione di strumenti in grado di recepirne e organizzarne la realizzazione. Vanno sottolineati a questo riguardo alcuni elementi di fondo: l’organizzazione del nostro sistema regionale e subregionale e’ privo di strutture in grado di fornire un aggiornamento continuo sulle mutazioni che avvengono nel territorio. E la stessa ristrettezza dell’ambito territoriale entro cui queste mutazioni avvengono-proprio perche’ il piu’ delle volte sono generate da fattori esterni-non aiuta la comprensione del fenomeno. Si pensi agli acuti problemi della ristrutturazione industriale e alla forte domanda di mobilita’ delle forze lavoro che essa richiede; questa crescente complessita’ genera – a sua volta – una domanda politica articolata e differenziata che si scontra da un lato con la scarsezza dei mezzi ordinari a nostra disposizione e dall’altro con un sistema decisionale basato su equilibri di garanzie formali, che calando dall’alto verso il basso impoveriscono la natura stessa dell’autonomia; all’articolata differenziazione della domanda e del fabbisogno dei servizi che si sviluppa all’interno di una organizzazione sociale cosi’ complessa, il sistema delle autonomie oppone, il piu’ delle volte, una rigidita’ formale che tende ad esaltare il suo potere di divieto e di consenso, indebolendo, spesso, il suo potere di proposta; questa situazione di affanno, rispetto alla societa’ che cambia, puo’ produrre forme di sudditanza psicologica verso il soggetto economico piu’ forte, a scapito della capacita’ di coordinare tutti i soggetti attivi del mondo del lavoro e della produzione e di controllare, di fatto, l’armonico sviluppo della comunita’ regionale.

3) Proposte di riforma.

I Partiti della maggioranza, condividendo questa analisi e questa aspirazione di fondo, ritengono di dover sottolineare su quali punti statutari e’ necessario intervenire: ridefinizione dei ruoli e dei rapporti tra Giunta e Consiglio come presupposto per modificare i processi decisionali ai vari livelli. Le maggiori e necessarie responsabilita’ della Giunta sul piano delle decisioni non possono limitare l’autonomia del Consiglio Regionale, i suoi poteri di indagine e di controllo ed i suoi poteri di indirizzo complessivo. La definizione delle reCiproche competenze va decisa con riforme statutarie e non affidata a circostanze politiche legate a meccanismi contingenti o ad alterni rapporti di forza contrattuale. Va rafforzato in questo contesto il ruolo del Presidente della Giunta, inteso come organo di continuita’ e di sintesi dello svolgimento della vita istituzionale e amministrativa della Regione e come fattore di coordinamento di tutte le politiche produttive e di settore; dentro la sfera dei rispettivi poteri-ma in una visione integrata del ruolo della Regione-attivita’ di Giunta e di consiglio necessitano di una profonda revisione dei rispettivi organismi, anche potenziando l’ufficio di presidenza con i consiglieri questori, sia in termini di competenza sia in termini di comportamento. E’ necessario ridisegnare da un lato le funzioni e le competenze assessorili e dall’altro il ruolo e il peso delle commissioni, anche attribuendo loro poteri legislativi in prima lettura per alcune specifiche materie; connaturali e significativi nel processo di riforma devono essere l’ampliamento e l’uso degli strumenti di partecipazione democratica. Vanno in questa direzione la revisione della legislazione sui referendum e un rinnovato ruolo del difensore civico. In questo contesto particolare attenzione va attribuita anche al ruolo delle varie consulte, in modo particolare di quella femminile e del comitato regionale radio-televisivo; punto qualificante di questo processo rimane la sistemazione dei rapporti con le autonomie locali e con gli enti sub-regionali, anche con la revisione delle modalita’ e delle procedure del sistema dei controlli; il riordino della legislazione regionale diventa-infine-una necessita’ di governo, poiche’ in essa sono contenuti i diritti e i doveri dei soggetti politici e dei soggetti economici. Tenendo presente che il cittadino (i suoi diritti e i suoi doveri) e’ al centro della legislazione e non il destinatario terminale delle decisioni. Una trasformazione cosi’ radicale dello statuto non puo’ avvenire per esclusiva iniziativa della Giunta o della maggioranza. La Costituzione di una commissione consiliare che, integrata con esperti, in tempi brevi e prestabiliti formuli una proposta complessiva di aggiornamento, sembra lo strumento piu’ idoneo da proporre. Nella consapevolezza che solo un elevato grado di collaborazione tra Giunta e consiglio e tra tutte le forze politiche potra’ dare a questa commissione l’autorevolezza e la carica politica indispensabili per tracciare un itinerario di riforma credibile, convinto e coerente. Contestuale alla creazione di questa commissione deve essere la istituzione di una consulta permanente delle autonomie locali. L’esperienza di questi ultimi anni ha dimostrato che il modo e la sostanza di un corretto rapporto con le autonomie locali e’ basato sulla continuita’ e qualita’ delle occasioni di confronto. Istituzionalizzare queste opportunita’ significa avere uno strumento adeguato per la visione organica e coordinata delle esigenze diffuse nel territorio, senza ledere e condizionare le legittime responsabilita’ delle autonomie, ma anche senza rinunciare alla funzione di coordinamento di livello superiore. Una consulta cosi’ concepita puo’ svolgere anche un’utile funzione nel concorrere-secondo quanto dispone la Legge regionale sulla procedura della programmazione-alla formulazione dei programmi regionali. Ma essa risulta particolarmente opportuna anche per riaprire in maniera corretta la problematica delle deleghe agli enti locali, riavviando in termini piu’ decisi e in tempi piu’ serrati quel processo di decentramento previsto dalla legge n. 68/85, e dalla Legge regionale n. 17/86, in un quadro di maggiori certezze e garanzie, evitando che il trasferimento di funzione senza poteri, di poteri senza risorse e di risorse senza progetti, contribuisca a rendere ancora piu’ problematica la vita gia’ angusta delle autonomie locali. Questo sistema rinnovato e’ in grado di produrre anche una qualita’ diversa di rapporti con il Parlamento e con il governo. La Regione Lazio ha su questo punto problemi specifici da affrontare, sia per le dimensioni dell’area metropolitana romana, sia per le funzioni specifiche di Roma capitale. Gli aspetti essenziali di questa problematica vanno tenuti correttamente presenti nel momento in cui la Regione dovra’ dare completa attuazione agli articoli 3 e 4 della nuova legge sulle autonomie locali. Una attuazione che intendiamo garantire nei tempi stabiliti dalla legge n. 142/90 e realizzando un corretto, preventivo confronto con tutti gli enti locali interessati e, quindi, non limitato all’area metropolitana di Roma, anche se la strutturazione di questo nuovo livello istituzionale, sembra essere la parte piu’ innovativa e delicata. E’ convinzione delle forze politiche di maggioranza che la Regione abbia un ruolo importante e decisivo nella organizzazione del governo dell’area metropolitana romana, evitando sovrapposizioni o creando spazi artificiali di conflittualita’. I rapporti con il Comune di Roma (come con gli altri enti locali) devono essere improntati alla consapevolezza di dover esercitare ruoli diversi e ad un livello diverso, pur senza invocare ingiustificati modelli di gerarchia. Sappiano bene che il Comune di Roma ha nel contesto della vita politica e amministrativa della Regione un peso e un ruolo che vanno compresi e rispettati. Sappiamo anche tuttavia che la Regione ha doveri generali di coordinamento soprattutto per garantire prospettive di riequilibrio territoriale tra area metropolitana e resto del territorio. A questi doveri non intende in alcun modo venir meno. E’ sulla base di queste considerazioni che l’omogeneita’ politica dei due esecutivi puo’ assumere rilievo anche sul piano operativo.

4) Collocazione nel sistema regionale europeo.

Fare del Lazio una Regione europea sia sul piano della qualita’ della vita civile, sia sul piano della vita istituzionale, rientra appieno nel programma di ammodernamento delle nostre strutture amministrative. L’identita’ regionale e’ una componente essenziale del sistema politico e amministrativo europeo: la forza delle amministrazioni centrali, in nessun paese del vecchio continente, e’ riuscita a cancellare gli elementi caratteristici, sul piano storico e culturale, delle singole Regioni. Le vicende storiche e lo spirito del tempo ne hanno spesso disarticolato i confini e modificato le sovrastrutture amministrative, ma la forza profonda della identita’ regionale e’ sempre riuscita a riemergere con prepotenza ponendo spesso non pochi problemi alla “tenuta nazionale” dei singoli stati. Sotto questo profilo – con la disgregazione dell’impero del socialismo reale-andremo a vivere una stagione europea ad alto rischio ed in molte situazioni i confini tra il vento delle autonomie e il vento della separazione puo’ diventare labile e di incerta lettura. E’ sul piano istituzionale che va ricomposto il disegno unitario, senza comprimere le diversita’. Questa linea di condotta vale per i singoli stati e vale per le stesse istituzioni comunitarie. Anche in Italia la forza del “localismo” rappresenta un problema per il sistema politico; ma le sue manifestazioni deteriori non devono far dimenticare che si tratta di un problema reale. Le incompiutezze di cui abbiamo parlato hanno generato, nel profondo, diffusa insoddisfazione e senso di malessere, che, se non giustificano separatismi e frazionismi, danno pur tuttavia l’idea di quanto precaria sia in questo momento l’organizzazione della nostra vita amministrativa. Il “disegno europeo” del 1993 non e’ una corsa di primogenitura delle Regioni forti contro le Regioni deboli, ma l’occasione per portare tutti insieme il nostro paese al rango di stato moderno, non solo economicamente forte. Le singole Regioni Italiane saranno tanto piu’ competitive a livello europeo quanto piu’ sapranno dare risposte efficienti nei settori e nei servizi in cui hanno primaria responsabilita’. L’idea di procedere in ordine sparso, o di tessere alleanze che indeboliscano ulteriormente la tenuta complessiva del paese, va combattuta a tutti i livelli. Nel semestre di presidenza Italiana della Comunita’ Europea, la conferenza delle Regioni, in ordine a questi problemi, deve svolgere un ruolo preciso. Il modello cooperativo di cui abbiamo dato in queste pagine un disegno e una filosofia vale in tutti i rapporti istituzionali: non solo tra governo e Regioni e Regioni ed enti locali, ma anche tra istituzioni comunitarie e istituzioni regionali europee. I meccanismi di integrazione messi in moto a livello comunitario, determineranno progressivamente nel tempo un livello molto alto di poteri decisionali che sara’ sempre meno rituale e sempre piu’ contingente: la presenza continua delle Regioni nelle istituzioni comunitarie non sara’ piu’ dunque un problema di prestigio o di presenza emblematica; ma dovra’ assumere sempre piu’ un significativo punto di forza nella determinazione degli indirizzi politici inerenti allo sviluppo economico, alle politiche sociali e alle politiche culturali. D’altra parte per quanto la ristrutturazione economica del nostro continente’ abbia costruito apparati produttivi soprannazionali di dimensioni imponenti, l’organizzazione economica europea e’ ancora fondata su modelli regionali di sviluppo. Le caratteristiche fondamentali di questi modelli determinano una profonda diversita’ di comportamenti nel complesso gioco delle trattative a livello comunitario, soprattutto per le politiche agricole. E’ una ragione di piu’ per mantenere di alto profilo la presenza del Lazio a livello comunitario: s’impone dunque l’obbligo di un coordinamento piu’ forte di questa presenza a livello dell’esecutivo. Questo alto profilo e’ – del resto – una logica conseguenza dell’impegno e dell’attenzione che anche sul piano istituzionale la Regione Lazio ha sempre dimostrato verso il processo di integrazione europea. Non e’ mancata certo una puntuale e tempestiva informazione verso i cittadini per i passi in avanti che in questa direzione sono stati compiuti in questi anni; passi che sono stati sempre segnalati con opportune e spesso anticipatrici iniziative. Una ragione in piu’ dunque per avere sempre lo spazio “Europa” come punto di riferimento anche delle nostre politiche di sviluppo economico, sociale e culturale.

Parte seconda – Politiche di base.

1) Sistema economico regionale. Sostegno alle attivita’ produttive.

La Regione Lazio ha mostrato nel corso degli anni ’80 una capacita’ di sviluppo insospettata e inattesa, che si e’ verificata all’interno di un modello di attivita’ economiche fortemente differenziato e ad alto tasso di imprenditorialita’. Basti solo pensare che, secondo recentissimi dati della Banca l’Italia, il prodotto regionale e’ cresciuto tra 1’87 e 1’89 di circa 20 mila miliardi di lire. La conferma che la vitalita’ del sistema economico regionale si e’ consolidata nel corso degli anni ’80, viene dalla collocazione del Lazio al 7? posto fra le Regioni Italiane per quanto concerne il prodotto per abitante. Secondo i piu’ recenti dati istat sui conti regionali, nel periodo ’83-’87, a fronte di un tasso medio annuo di incremento del pil dell’Italia pari a 11,5%, il Lazio presenta la variazione superiore piu’ elevata, 13,6%; cosi come sopra la media nazionale, pari al 10,3%, si colloca l’incremento del Lazio quanto agli investimenti fissi lordi, 12,7%. Se si considera poi il pil per addetto il Lazio si trova al terzo posto, dopo Lombardia e Liguria. Ed e’ recentissima la valutazione dell’Union Camere che vede nell’88 Roma salire di ben 31 posti nella graduatoria del reddito. Sono cifre, tra l’altro, che hanno il loro fondamento in una diffusione significativa della imprenditorialita’, visto che nel 1989, con un saldo attivo di 13.064 imprese, il tasso di crescita di nuove imprese nel Lazio e’ il 2, dopo le Marche, nell’Italia centrale. A livello nazionale, quindi il Lazio e’ una delle Regioni che ha operato i maggiori salti in avanti, grazie agli ottimi risultati dell’industria e all’ulteriore espansione del settore terziario, soprattutto nell’area metropolitana romana. Cio’ vale anche per la dinamica dell’occupazione, anche se il tasso di disoccupazione giovanile ha superato nell’88 il 32%, confermando la necessita’ di intervenire con misure adeguate in questo settore. Nell’insieme dell’economia regionale, quindi, si e’ rafforzata la struttura produttiva e dei servizi e occorre ora agire sulla base dei notevoli risultati conseguiti per assicurare la prosecuzione dei ritmi di crescita, migliorando le condizioni di operativita’ delle imprese e allargando la partecipazione al lavoro. L’obiettivo della Giunta non puo’ che essere quindi quello di favorire la prosecuzione di questo processo di sviluppo, attraverso il consolidamento del tessuto produttivo, e operando soprattutto al fine di accrescerne la competitivita’, nell’ottica della competizione globale quale si va delineando. Condizione preliminare di questo processo dovra’ essere la definizione del quadro di riferimento territoriale, sulla base del complesso di analisi, di studio e, anche, di progetti compiuti, i quali, attraverso una valutazione integrata, l’adeguamento alla nuova organizzazione gestionale e un rapido completamento delle necessarie elaborazioni, consentiranno di portare a compimento e alla operativita’ strumenti generali come i piani territoriali di coordinamento (integrati con i Piani paesistici) e il nuovo testo unificato della legge urbanistica regionale, nonche’ strumenti settoriali come il Piano trasporti, il Piano dei parchi, il Piano dei centri merci, il Piano delle grandi strutture commerciali, ecc. Sara’ compito di tale strumento individuare le opzioni prioritarie lungo le quali orientare i comportamenti dei soggetti economici pubblici e privati nella prospettiva ormai non piu’ rinunciabile di un coordinamento complessivo. Bisognera’ garantire l’integrazione e il coordinamento tra tutti i piani, generali e di settore, attraverso opportune metodologie e strutture operative. C’e’ un’esigenza di programmazione da soddisfare in termini nuovi, rinunciando a illusorie velleita’ dirigistiche, ma fissando confini certi entro i quali gli operatori economici possano muoversi. Cio’ appare importante in rapporto ai problemi posti dalla prossima esclusione del territorio laziale dai benefici dell’intervento straordinario per il Mezzogiorno, in ottemperanza alle decisioni della Commissione della CEE, per quanto riguarda gli incentivi alle imprese. Occorrera’ un programma specifico per assicurare la riduzione dell’impatto negativo che tali misure possono determinare, ma con l’occasione si dovra’ porre attenzione alle esigenze di riequilibrio delle aree piu’ depresse della Regione evitandone l’emarginazione ulteriore e recuperando le vocazioni produttive anche alla luce dell’aumentata mobilita’ della popolazione, delle innovazioni dei mezzi e dei modi di comunicazione delle informazioni e dei nuovi modelli lavorativi che si vanno affermando. In tale ottica dovra’ essere qualificato e ridisegnato il ruolo della Filas, evitando dispersioni di risorse su iniziative frammentarie e sui progetti il cui e’sito dovesse essere verificabile solo a lungo termine. Specifica priorita’ verra’ data a quelle iniziative imprenditoriali intese a cogliere, con caratteri innovativi, le diverse opportunita’ presenti sul territorio regionale, particolarmente in comparti finora poco valorizzati. Tutto cio’ ha valenza anche rispetto all’obiettivo di accrescere la base occupazionale, passando all’attuazione delle leggi approvate nella passata Legislatura e riproponendo quelle per le quali il governo ha formulato osservazioni, e’ comunque necessario sottoporre a un esame critico tutta la normativa regionale a sostegno dell’impresa e dell’occupazione, riordinando l’intera materia, eliminando e modificando le norme che non sono state operative, o che hanno dato scarsi risultati. Sembra, altresi, opportuno, in considerazione della particolare delicata situazione della occupazione femminile, che vada tempestivamente attivata la consulta per le pari opportunita’. Lo strumento primario di politica del lavoro a livello regionale resta peraltro la formazione professionale, che va adeguata ai bisogni di un sistema sociale e produttivo profondamente cambiato in tutti i settori e comparti. Com’e’ noto la recente riforma delle autonomie locali delega alle province questo delicato settore. Questa indicazione non abbassa tuttavia il livello di responsabilita’ della Regione sia in ordine ai suoi compiti di programmazione, sia ai tempi in cui questa delega deve essere correttamente effettuata, sia per quanto attiene alle modalita’ di esecuzione. Sta di fatto che il complesso sistema della formazione professionale presenta in questo momento una divaricazione forte sia nei confronti della domanda di lavoro casi come e’ determinata dal mercato, sia nei confronti dell’evoluzione tecnologica dell’apparato produttivo. Senza contare poi che anche la domanda della pubblica amministrazione nel settore dei servizi non trova una risposta adeguata negli sforzi di orientamento dell’apparato formativo: si pensi ad esempio alle crescenti difficolta’ del settore sanitario, dove il servizio infermieristico e’ quello professionalmente piu’ richiesto, ma trova crescenti difficolta’ a reperire “vocazioni” e disponibilita’. Serve dunque uno sforzo di riorganizzazione dei corsi esistenti, ma anche e soprattutto una nuova capacita’ di scavare nuovi orientamenti anche con opportune operazioni promozionali. Sistema formativo e problematiche del lavoro vanno viste in un contesto unitario, con progetti meno dispersivi, ma piu’ mirati. La qualificazione delle risorse umane e’ strumento essenziale per innalzare il livello della qualita’ dell’offerta di beni e servizi, privati e pubblici. In questa prospettiva si dovra’ attivare un progetto di monitoraggio in grado di far affluire su un sistema di reti, flussi strutturali e confrontabili di informazioni e dati di carattere quantitativo sui corsi, le utenze, le qualifiche, i costi. Verranno stabiliti standard unitari di qualificazione e verifica dell’efficienza e dell’efficacia dell’azione formativa al fine di adeguare alle indicazioni comunitarie i criteri e i curricula definiti in ambito regionale. Fare politica di sviluppo significa valorizzare tutto il patrimonio di imprenditorialita’ della Regione favorendone l’ulteriore espansione e diffusione anche in zone rimaste, almeno in parte, al margine di tali processi: l’Alto Lazio, il Sud Pontino, le aree piu’ interne. E poiche’ non ci puo’ essere sviluppo senza innovazione, dovra’ essere promosso un sempre piu’ stretto coinvolgimento con le universita’ e gli enti di ricerca, anche mediante la Costituzione di centri di trasferimento tecnologico a livello locale, particolarmente rivolti alle piccole imprese, sia artigiane e industriali sia all’agricoltura e dei servizi. Altro elemento strategico ai tini dello sviluppo del sistema regionale e’ dato dalla riqualificazione del reticolo infrastrutturale operando per il miglioramento globale dei sistemi di trasporto e di comunicazione. Una priorita’ fondamentale e’ rappresentata dal potenziamento della viabilita’. Com’e’ noto la Regione con la Legge regionale n. 60 del 20 maggio 1985, ha definito il proprio impegno finanziario alle spese sostenute dall’ANAS per la realizzazione di alcune strade di rilevante interesse regionale (completamento della trasversale nord Civitavecchia-Viterbo-Orte-Terni-Rieti) ed ha indetto appositi concorsi di idee per la progettazione di massima per lo snellimento del traffico della strada statale n. 7 appia (tratto Terracina-Fondi-Formia con penetrazione nel porto di Gaeta), e per la strada di Valmontone-Cisterna (strada statale n. 148 Pontina). Considerato che e’ in via di elaborazione da parte della competente amministrazione il secondo stralcio del piano decennale della viabilita’ ove saranno finanziati interventi ritenuti prioritari, l’azione regionale sara’ diretta a far inserire il finanziamento delle opere in questione in detto programma. Sara’ questa l’occasione per risolvere il problema a suo tempo sollevato in vista della realizzazione dell’autostrada Livorno-Civitavecchia, che dovra’ avvenire tenendo conto, da una parte dei notevoli problemi di carattere ambientale che tale costruzione comportera’ sul territorio laziale; d’altra parte, e in particolare, delle complesse implicante che siffatta arteria determinera’ sulla gia’ difficile mobilita’ dell’hinterland romano. A tal fine dovra’ essere attentamente valutata l’ipotesi di un nuovo e piu’ diretto collegamento della costruendo autostrada con la A2 Roma-Napoli, da inserire in un corretto inquadramento territoriale. Tale opera potrebbe essere inserita nel piano stralcio suddetto, una volta che le proposte progettuali siano state sottoposte al parere della Regione. Altra infrastruttura viaria che assume carattere strategico ai tini di una politica di riequilibrio territoriale e’ sicuramente la Strada Statale Cassia (Strada Statale N. 2) di cui va completato il raddoppio. Sulla base di quanto esposto, avendo individuato le opere considerate prioritarie, sara’ opportuno stipulare in tempi ragionevolmente brevi, una seconda convenzione con l’ANAS al fine dell’inserimento delle opere proposte dalla Regione nel precitato secondo stralcio del piano decennale. Per quel che attiene, poi, alle vie di comunicazione di interesse regionale, la Regione dovra’ completare le procedure gia’ avviate per l’affidamento dei lavori per la definitiva realizzazione delle opere previste dall’art. I della Legge regionale n. 22/87; e, previa predisposizione di appositi studi di fattibilita’, dara’ avvio all’iter per la costruzione di nuove opere viarie che tengano conto delle effettive esigenze di mobilita’ sul territorio laziale. Un ulteriore aspetto dell’impegno regionale, e’ costituito dalla portualita’. In tale ambito occorrera’ continuare nell’azione intrapresa negli ultimi anni portando a conclusione la ristrutturazione dei porti turistici di Formia-Gaeta, Ponza e Ventotene per i quali, sono gia’ stati assegnati i lavori, e di Terracina, per il quale occorre, dopo gli studi in corso, riavviare la gara di appalto. Tenuto conto dei recenti provvedimenti amministrativi adottati dal Consiglio regionale e dalla Giunta, particolare attenzione dovra’ essere posta al potenziamento del sistema portuale regionale attraverso l’avvio della costruzione del porto turistico di Roma fiumara grande, il potenziamento dei poli di Civitavecchia e di Gaeta-Formia e la ristrutturazione del porto di Anzio, all’interno di un disegno organico di rilancio economico collegato anche alla portualita’ minore. Il governo regionale cooperera’ quindi al fine di potenziare le capacita’ imprenditoriali sia nell’industria e nell’artigianato sia nel terziario dei servizi tanto tradizionali quanto innovativi. A questo riguardo andra’ agevolata l’integrazione tra industria e servizi, superando ogni sterile contrapposizione, nella prospettiva di accrescere il valore aggiunto prodotto da un tessuto economico piu’ avanzato, in grado di raccogliere le sfide degli anni ’90. In relazione a tali obiettivi le risorse finanziarie disponibili sul bilancio regionale andranno indirizzate alla riqualificazione e al rifinanziamento delle leggi per le garanzie sui fidi a breve e medio tendine, per il sostegno alle esportazioni, per lo sviluppo dell’imprenditorialita’ giovanile, per il riuso degli opifici dismessi, per il completamento delle aree attrezzate per nuovi insediamenti o trasferimenti di azienda. Particolare attenzione verra’ dedicata alle opportunita’ offerte dai fondi comunitari di sviluppo. Sara’ prioritario l’intervento nel settore del riciclaggio e dello smaltimento dei rifiuti industriali, favorendo ogni nuova iniziativa in tale campo. Si porra’ inoltre attenzione al completamento dei programmi relativi ai centri merci, previa sollecita approvazione del relativo piano. Per quanto attiene alla politica in favore dell’artigianato, vivaio prezioso di imprenditorialita’ e di professionalita’, essa dovra’ essere volta a favorirne la crescita anche in termini qualitativi e a creare un miglior rapporto con il mercato. In questa prospettiva verranno incentivati: lo sviluppo di forme associative fra le imprese, soprattutto di tipo consortile, finalizzate al miglioramento delle condizioni di offerta sul mercato; la realizzazione di progetti volti ad accrescere il contenuto tecnologico dei prodotti e i livelli di qualita’; l’assistenza tecnica alle aziende di subfornitura produttrici di componenti e semilavorati, per adeguarne gli standard tecnologici; la qualificazione degli interventi di formazione professionale, indirizzati sia ai dipendenti che ai titolari di impresa; la revisione dell’attivita’ promozionale, in modo da finalizzarla ad un impatto efficace con il mercato. Sara’ inoltre valutata l’ipotesi di istituire una consulta regionale dell’artigianato, per favorire un migliore raccordo delle categorie artigiane con gli organi regionali. Tra i settori produttivi, la Giunta ritiene di dover prestare una specifica attenzione all’agricoltura, il cui ruolo e’ rilevante nell’economia regionale e va difeso dai rischi di involuzione. Cio’ comportera’ l’attuazione di una profonda riforma del modo di operare della Regione nel settore, anche per superare i ritardi accumulata. Tenuto conto del fatto che il ruolo dell’agricoltura si ripropone attuale anche in funzione degli obiettivi di salvaguardia ambientale, la sua rivalutazione si fonda sull’innovazione tecnologica, organizzativa e culturale, sulla qualita’ produttiva, su un valido associazionismo, su una politica promozionale finalizzata ad una efficace commercializzazione; su un miglior coordinamento con il sistema dei servizi, riformando l’ersal, migliorando l’assistenza tecnica con il concorso degli organismi professionali, potenziando la sperimentazione anche mediante il coinvolgimento della facolta’ di agraria dell’universita’ della tuscia, realizzando i contenuti della convenzione, appena firmata. Saranno oggetto di specifica regolazione la riforma del credito agrario, la tutela dell’uso del territorio tramite i consorzi di bonifica, la difesa del suolo, l’esercizio della caccia e della pesca. I punti di riferimento dell’intervento regionale saranno la riserva alla Regione delle politiche e dei piani settoriali e territoriali, l’esercizio della facolta’ di delega alle province, la valorizzazione delle Comunita’ Montane, lo snellimento delle procedure e la revisione della legislazione attualmente in vigore. Tra le attivita’ terziarie, un ruolo di grande rilievo spetta nel Lazio al comparto distributivo, in funzione dello sviluppo dei settori direttamente produttivi. Cio’ implica da parte della Giunta l’adozione di misure in favore dell’associazionismo tra le aziende, verificando e, se del caso, rivedendo i meccanismi esistenti, per l’ammodernamento delle imprese e l’assistenza tecnica. Si dara’ altresi’ corso alla realizzazione dei centri agroalimentari nelle aree interessate, in conformita’ delle indicazioni programmatiche gia’ emerse e nel rispetto dei tempi previsti, mentre sara’ potenziato il sistema fieristico regionale nella logica di un sistema espositivo policentrico. Tra le risorse di cui il Lazio dispone si colloca il settore turistico, la cui importanza in termini di occupazione indotto e fatturato, richiede da parte della Regione un progetto complessivo di valorizzazione che tenga conto delle risorse ambientali e culturali del territorio regionale. Un progetto questo che richiede il coinvolgimento tanto della parte pubblica quanto dell’iniziativa privata al fine di: riqualificare la struttura turistica e i servizi connessi; rinnovare e diversificare l’offerta: attuare azioni concrete contro lo scadimento dell’immagine delle citta’, a partire dalla Capitale, e dei servizi pubblici; promuovere decisamente un’azione contro l’inquinamento del mare e dei bacini fluviali e lacuali e contro l’erosione delle coste; rimuovere la situazione di difficile fruibilita’ dei beni culturali. A questi fini, oltre che all’adeguamento della legislazione regionale, bisognera’ pensare ad una stretta integrazione delle funzioni che investono vari livelli:

  • L’organizzazione interna dell’ente Regione;
  • La costante consultazione delle categorie del settore turistico, anche attribuendo nuove funzioni alla Consulta regionale del turismo;
  • Il braccio operativo della Regione nel sistema turistico. Riguardo alla promozione turistica all’estero, si e’ dell’Avviso di istituire una “Agenzia regionale di promozione turistica” con organici qualificati, dotata di autonomia finanziaria e amministrativa. Al suo interno va garantita la presenza tanto della parte pubblica quanto degli operatori privati del settore per offrire attraverso una piu’ efficace ed organica azione promozionale, una immagine del “prodotto Lazio” (turistico, ma anche industriale, artigianale, agricolo, ecc.) sui mercati esteri, in termini di maggiore credibilita’ ed efficienza.

2) Politica per l’ambiente.

Le politiche ambientali devono essere ormai considerate Parte Integrante dell’assetto del territorio e del modello di sviluppo, e non come progetti a se stanti. Ma mentre sul primo la Regione ha tutti gli strumenti per impostare correttamente i problemi di prevenzione e di tutela, per il secondo le possibilita’ di diretto intervento sono limitate sia per competenza sia per carenza di strumenti. Se tuttavia la tutela dell’ambiente viene assunta come l’obiettivo prioritario dei comportamenti legislativi, amministrativi e produttivi, un salto di qualita’ puo’ essere compiuto grazie anche alla piu’ diffusa sensibilita’ dei cittadini. La Regione Lazio non parte da zero su questi temi, ma la presenza di un’area metropolitana di vaste dimensioni impone maggiore impegno e maggiore capacita’ di prevenire le emergenze piu’ acute. La tutela dell’ambiente, nelle innumerevoli forme che negli ultimi anni ha assunto, diviene sempre piu’ fattore decisivo per uno sviluppo equilibrato del territorio, dal quale i processi produttivi non possono prescindere. I progetti di tutela ambientale devono percio’ essere volti a definire quelle che sono le azioni di salvaguardia ecologica e le modalita’ di uso del territorio piu’ idonee. In particolare: perseguendo la difficile ricerca del possibile equilibrio tra le due contrapposte istanze di statica e rigida conservazione e di incontrollata trasformazione; controllando e reprimendo tutte le forme di inquinamento; limitando il consumo delle risorse non riproducibili, primo fra tutte il territorio; garantendo il bilancio attivo delle risorse riproducibili e il ripristino piu’ ampio possibile di quelle strutture o in condizioni precarie. E’ necessario, dunque, impostare in modo nuovo la questione della tutela ambientale. Cio’ presuppone un profondo cambiamento nei metodi di gestione del territorio, avendo coscienza della insurrogabilita’ di risorse preziose (naturalistiche e storico-culturali) e sapendo di dover privilegiare nella valutazione, gli elementi qualitativi su quelli quantitativi. In una parola, si tratta di concepire la politica dell’ambiente muovendosi in due direzioni:

  • Realizzazione di un sistema di zone protette attraverso:
  • Il piano delle riserve (conservazione della natura);
  • Il piano dei parchi (come strumento non solo di conservazione, ma anche di sviluppo e di riorganizzazione dei beni naturali);
  • Riequilibrio dello sviluppo territoriale puntando su tre obiettivi fondamentali:
  • Il raccordo-nella logica di bacino-delle politiche di sostegno alla salvaguardia ecologica (difesa dell’acqua, dell’aria e del suolo);
  • ; sociale dei costi di disinquinamento.

L’organizzazione di una politica ambientale di queste dimensioni postula un organico strumento di governo: la creazione dell’Assessorato all’ambiente deve essere un obiettivo da raggiungere entro la prima parte della Legislatura. Se poi ci si pone l’obiettivo di vincolare almeno il 10% del territorio regionale a parchi e riserve naturali (oggi siamo al 4,%) anche l’agenzia per le aree protette diventa un organismo tecnico indispensabile, sia per formulare le opportune politiche generali di sviluppo delle aree protette sia per tutelare le vocazioni specifiche. Il raggiungimento di questo obiettivo non puo’ essere tuttavia affidato ad iniziative spontanee o estemporanee. Le priorita’ negli interventi vanno correttamente dedotte dalle indicazioni contenute nel piano dei parchi e delle riserve naturali che e’ in fase di elaborazione. E’ questo lo strumento idoneo per una intelligente ed equilibrata politica organica del settore. Va riconosciuto che durante l’ultima Legislatura e’ stato fatto un grande sforzo dal punto di vista anche qualitativo: molto resta tuttavia da fare sul piano delle tecniche e degli strumenti di gestione. La Regione si deve dotare anche di strumenti conoscitivi permanenti in materia ambientale: in questa direzione potrebbe risultare utile e opportuno affidare ad un istituto specializzato la redazione di un rapporto biennale sullo stato dell’ambiente nel Lazio per avere cosi una visione piu’ precisa dei mutamenti e delle alterazioni che intervengono anche sotto questo profilo la situazione del Comune di Roma merita particolare attenzione. Sono infatti scaduti i vincoli sulle aree da destinare a servizi ed al verde pubblico, che ove fossero liberalizzate, sarebbero senz’altro oggetto di massicci attacchi speculativi. Bisogna riproporre con tempestivita’ la legge gia’ predisposta nella precedente Legislatura per introdurre una nuova normativa vincolistica che, in attesa di una sistemazione finale di queste aree, ne impedisca la irrimediabile compromissione.

3) Sistema finanziario regionale.

Il tema delle risorse finanziarie rimane il problema centrale del contenzioso con il governo e con l’amministrazione statale. Venti anni di esperienze in materia e l’analisi che ne puo’ essere fatta in questa fase, dimostrano senza ombra di dubbio che l’assetto della finanza regionale risulta estremamente riduttivo rispetto alla sostanza e alla forma previste dall’art. 119 della Costituzione, soprattutto sotto il profilo dell’autonomia. Sottolineare ancora una volta che appena il 2% del bilancio delle Regioni a statuto ordinario e’ fondato su proventi tributari propri, serve solamente a rendere evidente quanto poco e male si sia operato in questa direzione. Fa riscontro – in senso inverso – un monumentale 81% di risorse vincolate: bisogna operare perche’ il peso quantitativo di questi due termini venga progressivamente modificato. Tanto piu’ che la destinazione per settore delle risorse vincolate certifica una ulteriore limitazione all’autonomia di spesa: cosa significhi, questo, in termini di credibile programmazione e’ facile immaginare! anche se nell’evolversi delle politiche regionali nel settore finanziario si sono via via sperimentati modelli e procedimenti di tipo diverso, nella sostanza il problema dell’autonomia, insieme a quello della certezza e della tempestivita’ delle risorse, e’ rimasto sostanzialmente immutato. Maggiore modernita’ anche procedurale sembra aver acquisito il metodo che potremmo definire di “finanza progettuale”. Intendiamo con questo la possibilita’ di acquisire risorse che vengono messe a disposizione di quelle Regioni che siano in grado di concorrere, anche in competizione tra loro, con proposte di singoli progetti di settore. Queste opportunita’ di natura straordinaria, offerte dal bilancio dello stato, devono spingere anche la nostra Regione ad una maggiore capacita’ progettuale sia in proprio sia sotto forma di coordinamento degli enti locali e degli enti sub-regionali. Senza questa volonta’ innovatrice anche la ristrutturazione degli enti strumentali (FILAS, ERSAL, ecc.) pur se correttamente orientata a farne, in termini piu’ chiari e corretti, “strumenti” di attuazione delle politiche regionali, molto difficilmente potra’ dare risultati positivi, e la possibilita’ stessa-pur correttamente avvertita-di influenzare le politiche del credito risulta essere una ragionevole, ma improbabile aspirazione. Quello finanziario e’ un settore nel quale le singole Regioni poco possono fare da sole nel processo di autoriforma, ed e’ evidente che solo una Comune determinazione verso un ben precisato obiettivo puo’ “costringere” il Parlamento a chiudere, con una legge giusta (tale non appare la legge 14 giugno 1990, n. 158), un ormai interminabile confronto. Va comunque sottolineata anche l’esigenza di rivedere tutto l’apparato normativo che regola l’attivita’ finanziaria interna della Regione (legge di spesa, legge di contabilita’, sistema di rendicontazione, ecc.). Si tratta di un sistema di norme a volte superate (vedi ad esempio la Legge regionale n. 15/77), o comunque inadeguate, che esercita un certo peso su alcuni aspetti patologici della spesa pubblica, quali la cumulazione dei residui passivi, la velocita’ della spesa, la formazione di economie, ecc. Cosi’ come si ritiene necessario procedere alla immediata rilettura di tutte quelle leggi regionali di spesa risultate carenti in termini di efficienza e di efficacia. In termini pratici, l’Assessorato al bilancio dovra’, contestualmente alla presentazione del bilancio del prossimo esercizio finanziario e, comunque, entro il corrente anno, elaborare e produrre un rapporto dettagliato sullo stato di operativita’ di tutte le leggi regionali recanti spese di sviluppo per un esame congiunto da parte della Giunta regionale e della competente commissione consiliare al bilancio e programmazione. In questo contesto una utile funzione di analisi e di coordinamento puo’ svolgere l’osservatorio della finanza regionale opportunamente riformato e attrezzato, sia in termini di personale sia in termini di strumenti conoscitivi.

4) Politica del personale.

Le politiche del personale vanno impostate nella convinzione che le scelte dell’esecutivo, anche le piu’ impegnative e rispondenti alle esigenze dei cittadini, non producono gli effetti desiderati, se l’organizzazione dei servizi non e’ finalizzata al perseguimento degli obiettivi da realizzare e se il personale non e’ adeguatamente motivato e sensibilizzato al raggiungimento di questi tini, nella piena convinzione di essere al servizio della comunita’ per rispondere alle sue richieste e alle sue aspettative. Bisognera’, pertanto, procedere ad una rilettura critica degli interventi legislativi e amministrativi di governo del personale che si sono succeduti in questi venti anni di attivita’ della Regione al fine di individuare le cause che sono alla base sia dell’attuale stato di difficile governabilita’ dei processi organizzativi, che del basso livello di motivazione del personale, in particolare dei dirigenti, pre-condizioni ostative a qualsiasi ipotesi di rilancio operativo dell’ente. A questo riguardo, particolarmente urgente risulta essere la revisione della legge sulle strutture (Legge regionale n. 36/85) dimostratasi del tutto insufficiente rispetto alle accresciute e piu’ articolate funzioni quantitative e qualitative dell’apparato amministrativo regionale. Una revisione che va fatta tenendo presente la funzione di coordinamento e di indirizzo che la Regione deve svolgere, piuttosto che l’attivita’ di gestione spesso impropria che svolge attualmente. Anche nella riorganizzazione delle strutture-va fatto insomma- un salto di qualita’. Per quanto riguarda gli aspetti organizzativi, l’impegno prioritario e’ quello di dare completa attuazione alle vigenti norme contrattuali e a quelle contenute nelle leggi di organizzazione. Va peraltro sottolineato, con preoccupazione, come la positiva scelta fatta dalla Regione a favore della “flessibilita’ organizzativa” si sia, di fatto, tradotta nel tempo in “discrezionalita’” organizzativa, rendendo indefiniti i confini di responsabilita’ ed incerte le fasi dei vari provvedimenti. Da qui nasce l’esigenza di armonizzare, in termini di flessibilita’, l’intero sistema procedurale ben sapendo che il requisito della “flessibilita’” non puo’ significare assenza di ordine organizzativo. Nello stesso tempo e’ necessario dar vita ad una politica del personale che crei nello stesso adeguati stimoli e motivazioni, senza, per altro verso, ingenerare false ed illusorie aspettative. Cio’ e’ possibile adottando, in primo luogo, criteri trasparenti di gestione del personale fondati su regole precostituite ad appropriati strumenti tecnici con cui sostenere le decisioni in materia di promozioni, conferimento di incarichi e funzioni, trasferimenti ecc. E, nel contempo, demandandone l’intera gestione ad un unico responsabile politico. Fondamentale appare, infine, la formazione professionale del personale nelle forme distinte dell’aggiornamento e della qualificazione. Le iniziative gia’ in atto nei confronti della dirigenza come quelle dirette a specifiche professionalita’ devono essere ricondotte nell’ambito dell’Istituto regionale di formazione dei dipendenti (I.R.FO.D.) previsto dalla Legge regionale n. 1/89 il cui decollo costituisce un impegno prioritario per il servizio che deve fornire anche agli enti locali della Regione in un quadro organico ad alto contenuto culturale e professionale. Sotto questo profilo un contributo importante puo’ essere anche dato dallo sviluppo del sistema di informatizzazione delle strutture, gia’ da tempo avviato, ma che va portato avanti con maggiore completezza e incisivita’, avendo presente che esso raggiunge il suo obiettivo prioritario se contribuisce ad accumulare e rendere disponibili conoscenze, a snellire le procedure, a velocizzare il processo decisionale.

Parte terza – politiche per la qualita’ della vita. Servizi e interventi nelle infrastrutture.

1) politica sanitaria.

Il nuovo quadro normativo rappresentato dalla gia’ varata legge sulle autonomie locali e dalla imminente riforma del S.S.N. , fa emergere la prospettiva di una presenza della Regione piu’ estesa e determinante nell’ambito del sistema-salute. Questa presenza dovra’ essere avvertita soprattutto dai cittadini come risposta concreta al bisogno di salute e di qualita’ della vita. L’istituzione regionale non puo’ e non deve essere, quindi, solo il momento formale del dispiegarsi di competenze e procedure, deve piuttosto porsi come interprete attento delle aspettative sociali che i cittadini hanno diritto di vedere soddisfatte. Un programma nella sanita’ non puo’, peraltro prescindere da una chiave di lettura etica dei compiti che nell’ambito regionale vanno svolti. Puo’ sembrare azzardato parlare di etica e di ideali in un contesto oberato da tanti motivi di crisi cosi reali, cosi pesanti, cosi ardui, da affrontare. Problemi di spese crescenti, di risorse inadeguate, di rapporti interistituzionali spesso confusi e difficili, problemi che si traducono in ricadute negative per il cittadino: carenze nelle strutture, nei servizi, nella presenza di idoneo personale, nella accessibilita’ alle prestazioni. Eppure crediamo che ci sia spazio per una nuova sanita’ nel Lazio una sanita’ che discenda da una rinnovata percezione dei problemi da risolvere, in chiave di solidarieta’ sociale. Quale puo’ essere, dunque, l’impegno per i nuovi amministratori regionali? certamente ogni area di intervento esige strategie specifiche e programmi particolari sui quali si dovra’ approfondire il dibattito, ma in generale l’impegno non puo’ che essere quello di innestare una marcia in piu’ nell’affrontare i grandi temi degli anziani, dei portatori di handicap, dei tossicodipendenti, cosi come quelli della tutela ambientale, della prevenzione e della lotta alle molteplici forme di inquinamento oltre che delle varie forme di assistenza sanitaria in generale nel territorio. In particolare, un primo fondamentale obiettivo da perseguire, e’ quello di rendere meno difficile e piu’ “umano” il rapporto tra cittadini e sistema sanitario; un rapporto che e’ oggi troppo spesso di diffidenza, di sfiducia, a volte conflittuale, motivato principalmente dalla scarsa vivibilita’ dei luoghi sanitari, dalla lentezza delle procedure burocratiche e dalla insufficiente risposta alla domanda, in caso di patologie gravi o per le quali sia necessario una diagnostica sofisticata. Sara’, pertanto, necessario impegnare la V Legislatura regionale per dare attuazione ad un programma integrato di interventi rivolti alle strutture fisiche, all’organizzazione ed al funzionamento, alla formazione e qualificazione del personale, capace di sviluppare le sinergie utili a far fare alla sanita’ laziale il necessario e atteso salto qualitativo. Per quanto attiene gli interventi relativi alle strutture fisiche, si tratta di continuare l’attivita’ gia’ avviata passando dalla fase programmatica a quella realizzativa che prevede il totale rinnovo e riequilibrio della rete degli ospedali e dei poliambulatori del Lazio nonche’ la realizzazione delle residenze sanitarie assistenziali per gli anziani e i disabili. Si tratta, nel primo decennio, di costruire 5.600 nuovi posti letto che andranno a sostituire posti letto esistenti, e di ristrutturarne completamente altri 7.000. Gia’ nel prossimo triennio, comunque, verranno completati o avviati i lavori per 2.147 nuovi posti letto e per altrettanti da ristrutturarne. Nel programma, particolare rilievo ha la rete dei poliambultori. E’ previsto il potenziamento di quelli ospedalieri e dei relativi supporti diagnostici nonche’ la costruzione di 12 nuovi complessi e la ristrutturazione e l’ampliamento di altri 11. A residenze assistenziali per anziani e disabili, saranno destinati oltre 10.000 posti nel prossimo decennio, di cui 3.200 posti nel triennio in corso (2.600 da costruire ex novo piu’ 600 ristrutturando edifici esistenti). Questa serie di interventi, prevede una spesa complessiva, per il triennio in corso, di circa 1.000 miliardi; il piano relativo e’ gia’ stato approvato dal nucleo di valutazione del Ministero della sanita’ e, con l’approvazione del cipe, diventera’ operativo. La Regione e la Giunta regionale, saranno pertanto impegnate in uno sforzo particolare per mettere in moto la macchina organizzativa. Si tratta, infatti, di interventi straordinari che richiederanno procedure e impegni straordinari e coinvolgeranno le forze sociali e imprenditoriali oltre che quelle politiche. Ma gli interventi strutturali previsti non potranno dare i risultati attesi se non si procedera’, in parallelo, ad intensificare un’azione di innovazione organizzativa basata su nuove e moderne metodologie gestionali che garantiscano economicita’ e professionalita’. Per poter concretamente incidere sui fatti gestionali e funzionali, e’ inoltre necessario avviare una piu’ concreta azione di formazione e qualificazione del personale, soprattutto di quello infermieristico, ripensando al sistema di reclutamento, incentivando l’ingresso degli allievi nelle scuole e trovando sistemi che qualifichino sempre piu’ questa delicata professione senza ricorrere a facili scorciatoie che porterebbero solo ulteriori disastri agli ospedali. Accanto a questi obiettivi che potremmo definire strategici e che richiederanno, presumibilmente, tempi non brevi, la Giunta e la maggioranza che la esprime, intendono porsi anche obiettivi a breve e medio termine, gia’ realizzabili nella prima parte della Legislatura e precisamente:

  • Conclusione dell’iter legislativo del piano sanitario regionale, opportunamente rivisitato anche alla luce della legislazione nazionale in corso d’opera, previo confronto con le parti sociali, sindacali e istituzionali; tale piano dovra’ essere preceduto dal definitivo razionamento di tutte le unita’ sanitarie locali del Lazio;
  • Conclusione dell’iter legislativo del piano sanitario regionale, opportunamente rivisitato anche alla luce della legislazione nazionale in corso d’opera, previo confronto con le parti sociali, sindacali e istituzionali; tale piano dovra’ essere preceduto dal definitivo razionamento di tutte le unita’ sanitarie locali del Lazio; “alte tecnologie sanitarie” nel settore pubblico, al fine di definire il fabbisogno quali-quantitativo di tali attrezzature e la loro collocazione strategica sul territorio regionale onde consentire all’utenza una maggiore fruibilita’ di interventi diagnostici e terapeutici di costi elevati;
  • Conclusione dell’iter legislativo del piano sanitario regionale, opportunamente rivisitato anche alla luce della legislazione nazionale in corso d’opera, previo confronto con le parti sociali, sindacali e istituzionali; tale piano dovra’ essere preceduto dal definitivo razionamento di tutte le unita’ sanitarie locali del Lazio; “Alte Tecnologie Sanitarie” nel settore pubblico, al fine di definire il fabbisogno quali-quantitativo di tali attrezzature e la loro collocazione strategica sul territorio regionale onde consentire all’utenza una maggiore fruibilita’ di interventi diagnostici e terapeutici di costi elevati; di sicurezza negli ambienti di vita e di lavoro;
  • Conclusione dell’iter legislativo del piano sanitario regionale, opportunamente rivisitato anche alla luce della legislazione nazionale in corso d’opera, previo confronto con le parti sociali, sindacali e istituzionali; tale piano dovra’ essere preceduto dal definitivo razionamento di tutte le unita’ sanitarie locali del Lazio; “alte tecnologie sanitarie” nel settore pubblico, al fine di definire il fabbisogno quali-quantitativo di tali attrezzature e la loro collocazione strategica sul territorio regionale onde consentire all’utenza una maggiore fruibilita’ di interventi diagnostici e terapeutici di costi elevati; di sicurezza negli ambienti di vita e di lavoro; relativamente: al piano AIDS che dopo la recente approvazione della legge n. 135/90, consente alla Regione di rilanciare gli interventi per la ristrutturazione dei reparti per le malattie infettive, a cominciare dalla costruzione del Nuovo Spallanzani. Saranno altresi potenziati i day-hospital, incrementati gli ambulatori e accresciuto il trattamento domiciliare; alla disciplina delle attivita’ trasfusionali relative al sangue umano e ai suoi componenti; ai servizi di emergenza, attraverso la istituzione, nella Regione di centrali operative per l’invio dei mezzi di soccorso e di trasporto degli infortunati e degli infermi, che siano coordinate con il dipartimento d’emergenza e di accettazione e con il servizio di guardia medica territoriale; all’organizzazione integrata dei servizi per la salute mentale che sostituiscono la ex ospedalita’ manicomiale, adeguandoli alle nuove funzioni.

Percio’ in linea con il progetto obiettivo che fa parte della proposta di Piano sanitario nazionale accanto ai centri di salute mentale e ai servizi psichiatrici di diagnosi e cura, si pongono i servizi residenziali e semiresidenziali di terapia e risocializzazione e, per i pazienti della ex ospedalita’ manicomiale non dimissibili per motivi socio-sanitari, le residenze sanitarie assistenziali. A tale proposito, con riferimento alla Legge regionale n. 49/83 e nelle more dell’attuazione degli interventi di cui alla deliberazione consiliare n. 1224 del 27 marzo 1985, si dovra’ garantire ai malati psichiatrici e neuropsichiatrici, la continuita’ dell’assistenza anche attraverso l’utilizzazione delle strutture convenzionate preposte allo scopo.

Alla attuazione di una strategia di interventi coordinati capaci di impegnare non in termini alternativi o dialettici, ma in forma organica, tutte le strutture, le componenti e le azioni che a vario titolo (istituzionale, volontaristico o promozionale), si occupano del problema <

2) I servizi sociali.

In questo settore va fatto uno sforzo sia nell’organizzare meglio le risorse esistenti sia per meglio rispondere alle emergenze. Se per tutti gli altri servizi il concetto fondamentale e’ di mettere gli utenti al centro di ogni sforzo, per gli utenti di questo settore bisogna parlare di autentico dovere morale, proprio perche’ gli sforzi sono indirizzati verso la parte piu’ debole e spesso emarginata della popolazione. In particolare bisogna rendere operanti le istituzioni della solidarieta’, attraverso:

  • L’approvazione della legge di riordino dei servizi sociali;
  • Il potenziamento dei servizi di assistenza domiciliare agli
  • Il riordino delle strutture residenziali;
  • La completa attuazione delle normative (Legge regionale n. 21/85 e legge n. 13/89) sulle barriere architettoniche;
  • L’approvazione di una legge sul lavoro part-time per anziani e handicappati;
  • L’approvazione di una legge che tuteli i minori dagli abusi intramurali, dalla violenza sessuale, dallo sfruttamento da parte di organizzazioni criminali, prevedendo anche una consulta regionale minorile;
  • L’approvazione di una legge che tuteli i minori dagli abusi intramurali, dalla violenza sessuale, dallo sfruttamento da parte di organizzazioni criminali, prevedendo anche una consulta regionale minorile; facilitandone l’integrazione e regolandone l’accesso alle prestazioni del servizio sanitario e all’uso dei vari servizi sociali.

L’organicita’ delle soluzioni proposte, potra’ essere favorita da un Osservatorio regionale che registri tutti i dati e le variazioni successive. Nel contesto delle politiche sociali particolare attenzione intendiamo porre ai fenomeni della emigrazione e della immigrazione. Quanto alla emigrazione la Regione Lazio ha saputo predisporre una legislazione all’avanguardia, che raccoglie un diffuso consenso. Si tratta ora di continuare in questa direzione, portando alla immediata approvazione del Consiglio regionale le normative gia’ elaborate. Bisogna ulteriormente perfezionare gli interventi nel campo della promozione culturale, cercando di rafforzare i vincoli esistenti tra la Regione e i concittadini all’estero e coinvolgendo le comunita’ emigrate nelle politiche di sviluppo della societa’ laziale. Per quanto riguarda la immigrazione bisogna sottolineare che la nuova legge al riguardo, entrata in vigore da meno di un mese, pone le premesse affinche’ i relativi problemi possano essere affrontati e, almeno in parte, risolti. Occorrera’, inoltre, non perdere alcune delle possibilita’ che consentono l’assegnazione di fondi nazionali o comunitari per far fronte al finanziamento di progetti destinati ad interventi in favore di questa categoria di cittadini. E’ pertanto urgente ed indispensabile l’individuazione dei settori di intervento e la predisposizione di progetti adeguati alle necessita’ ed alle aspettative degli immigrati. Sara’ altresi’ necessario riproporre urgentemente al Consiglio regionale l’approvazione delle norme, rinviate a nuovo esame da parte del governo, per le attivita’ di cooperazione allo sviluppo dei Paesi del Terzo Mondo. Cio’ per poter usufruire di Fondi nazionali stanziati al riguardo e poter contemporaneamente corrispondere alle aspettative di grande parte di immigrati che vedono in una politica di cooperazione, l’opportunita’ per un loro reinserimento nei paesi di origine. Sempre nel settore dei servizi sociali particolare attenzione va rivolta alle azioni delle IPAB che-quando non ne sia stata ravvisata la opportunita’-possibilita’ di estinzione – devono essere ricondotte nell’ambito di un programma regionale di servizi sociali. E inoltre bisogna impegnarsi affinche’ il patrimonio ipab sia finalizzato sempre di piu’ al conseguimento degli obiettivi di questo stesso programma.

3) I trasporti.

Per quanto attiene al trasporto e alla mobilita’ dei cittadini dobbiamo ammettere che siamo in una situazione di grande emergenza. Le risposte ai problemi di lungo periodo non possono che derivare dalla approvazione del piano regionale dei trasporti affidato all’IRSPEL e che dovrebbe esserci consegnato entro l’anno in corso. La contemporaneita’ con la presentazione dei piani territoriali di coordinamento offre l’opportunita’ di integrare questo strumento settoriale nella pianificazione generale del territorio regionale. Nei settori vitali della mobilita’ umana e delle merci le forze politiche saranno chiamate in occasione delle proposte concrete che saranno presentate, ad un confronto determinante su alcuni problemi chiave, primo fra tutti la revisione dell’attuale assetto istituzionale e organizzativo dei trasporti regionali cosi come appare oggi definito. L’esigenza di un nuovo quadro giuridico-istituzionale discende in particolare dalla legge n. 142/90 concernente “l’ordinamento delle autonomie locali” nella quale si ridefinisce la materia relativa ai servizi pubblici, prevedendo altresi, nelle disposizioni finali e transitorie, la revisione entro due anni della forma organizzativa del Consorzio trasporti Lazio, omero della sua soppressione o trasformazione. Il rischio che si corre, nell’occasione, e’ quello di perdere di vista il conTesto Unico dell’assetto territoriale regionale e di non cogliere tutte le interdipendenze tra le varie sub-aree regionali, riconnesse dalla forte presenza della Citta’ di Roma, avviata alla sua nuova configurazione di Citta’-metropolitana, andando cosi alla soluzione del caso per caso nell’ambito delle specifiche competenze degli enti locali, in modo frammentario e disarticolato. Si tratta, quindi, di prevedere un nuovo disegno organico di coordinamento unitario del trasporto regionale che possa basarsi su una struttura giuridico-organizativa che abbia la capacita’ di agire tenendo presente contributi e modalita’ privatistiche, ma nel rispetto delle finalita’ sociali proprie del servizio pubblico, secondo lo spirito della legge n. 142. A medio termine, pur nel contesto generale del piano, i contenuti della poetica dei trasporti possono essere cosi individuati: utilizzare il mezzo ferroviario per facilitare la mobilita’ delle persone, concordando con le F.S. L’uso della rete per i servizi regionali; regionalizzando le ferrovie di interesse locale (Castelli, Viterbo, Attigliano, Terracina, ecc.); progettando (in base alla legge gia’ approvata) e realizzando un’ampia rete di ferrovie metropolitane esterne (Passo Corese, Tivoli, Pomezia e Fondo Valle Pontino, Nettuno Spinaceto e Decima, ecc.); dando il massimo impulso a tutte le forme di trasporto in sede propria (metropolitane per Roma, tramvie su percorsi protetti; corsie preferenziali e corridoi protetti ecc.); attribuire importanza di primo piano alla realizzazione dei nodi di scambio (ferro-ferro, ferro-gomma, mezzo privato-mezzo pubblico); rivedere radicalmente la rete dei servizi automobilistici, che dovra’ fornire la adduzione del traffico verso i nodi di scambio; dare attuazione agli interporti e ai centri merci gia’ programmati (Orte, Frosinone) ed individuare i restanti, sulla base delle indicazioni dell’apposito piano che e’ gia’ stato predisposto e che va portato all’esame degli organi competenti per una rapida approvazione; sviluppare lo scalo internazionale di Fiumicino e attrezzare la Regione per il secondo ed il terzo livello del trasporto aereo. La Regione dovra’ insistere per l’adozione di adeguati piani per il traffico nei centri urbani e procedere nell’attuazione delle tipologie di biglietti integrati in una visione piu’ unitaria della mobilita’ dei cittadini. Considerato, infine, che e’ in corso di revisione il piano nazionale dei trasporti, bisognera’ operare per ottenere, in quella sede, un chiaro riconoscimento della necessita’ di realizzare un sistema di trasporto regionale utile per il nostro sviluppo locale ed anche per l’intera area centrale del paese verso la quale il Lazio svolge ormai un ruolo di riferimento essenziale.

4) Servizi culturali.

I servizi culturali nei loro molteplici aspetti sono Parte Integrante della qualita’ della vita come quelli per il tempo libero e per lo sport. L’impostazione di una politica per la cultura in sede regionale nel prossimo quinquennio deve partire da una rilettura critica della legislazione regionale vigente che spesso ha mostrato limiti e inadeguatezze. La Legge regionale n. 32/78 (attivita’ di promozione culturale), ad esempio, va modificata secondo una esigenza che e’ da tutti ormai condivisa. Occorre ridefinire la materia garantendo organicita’ agli interventi indicando tipologie e procedure che consentano decisioni tempestive da parte della Regione anche la Legge regionale n. 78/79 (norme per l’attuazione del diritto allo studio) ha dimostrato, nell’esperienza ormai piu’ che decennale della sua applicazione, scarsa capacita’ di rendere il diritto allo studio veramente effettivo, finendo per rappresentare piuttosto una semplice presenza istituzionale. Si rende necessario pertanto apportare le modifiche che consentano di:

  • Orientare gli interventi in relazione alle obiettive situazioni prese in esame;
  • Orientare gli interventi in relazione alle obiettive situazioni prese in esame; particolarmente pletorica;
  • Orientare gli interventi in relazione alle obiettive situazioni prese in esame; particolarmente pletorica; teorici ed altri, invece, di primario rilievo, mal definiti o sottovalutati, come l’orientamento scolastico in raccordo con quello universitario, nonche’ l’educazione permanente.

Modifiche tese alla ridefinizione della tipologia degli interventi richiede anche la Legge regionale n. 14/83. Andrebbero quindi ipotizzati interventi:

  • Che assicurino condizioni di fruibilita’ dei servizi essenziali (mense e alloggi) diretti alla generalita’ degli studenti, e che favoriscano anche attraverso criteri selettivi, situazioni di particolare disagio in singoli atenei o in singole facolta’;
  • Diretti alla generalita’ degli studenti, e che favoriscano anche attraverso criteri selettivi, situazioni di particolare disagio in singoli atenei o in singole facolta’; trasferite dallo stato, anche se integrate coi proventi delle tasse universitarie, ma largamente insufficienti;
  • Diretti alla generalita’ degli studenti, e che favoriscano anche attraverso criteri selettivi, situazioni di particolare disagio in singoli atenei o in singole facolta’; trasferite dallo stato, anche se integrate coi proventi delle tasse universitarie, ma largamente insufficienti; con particolare riferimento alla composizione dei consigli di amministrazione e finalizzata alla realizzazione di una gestione dei servizi piu’ efficiente ed economicamente piu’ vantaggiosa.

Al di la’ di queste competenze, la Regione deve essere presente in maniera adeguata nella vita culturale della comunita’ laziale in particolare: va ribadito l’impegno di riqualificare l’attivita’ del Teatro dell’Opera secondo un disegno di specializzazione nel contesto delle attivita’ teatrali del nostro Paese; rimane integro l’impegno di contribuire alla realizzazione dell’Auditorium per la musica in piena concordanza di vedute con il Comune di Roma; un contributo decisivo deve essere dato per avviare la formazione di un museo delle scienze degno delle tradizioni di Roma e della Regione; occorre infine stabilire un’intesa concreta con il Comune di Roma per attrezzare l’ex Campo Boario per manifestazioni culturali e musicali all’aperto. Per quanto attiene le politiche per lo sport e il tempo libero s’impone in primo luogo la revisione della legge n. 51/79 che attualmente prevede unicamente contributi in conto capitale a favore di comuni e loro consorzi. Queste due limitazioni hanno reso di fatto la legge scarsamente utilizzabile. Una strada da percorrere sembra quella di consentire ai Comuni di assumere mutui con garanzia e contributi in conto interessi a carico della Regione estendendo detti benefici anche alle associazioni sportive. La legislazione per il tempo libero e’ in sostanza ancora tutta da strutturare, e sarebbe il momento opportuno per dare concreta attuazione anche in questa materia al decreto del Presidente della Repubblica n. 616. Cosi come ormai necessaria e largamente avvertita, ci sembra la realizzazione di un programma di comunicazioni istituzionali al servizio dei cittadini. Questi ultimi in generale, compresi i soggetti piu’ attivi del sistema produttivo, non sono sufficientemente informati sulle attivita’ e sulle iniziative della Regione nei vari settori, a cominciare dai provvedimenti che vengono presi a sostegno dell’attivita’ delle singole categorie. Un intelligente sistema di informazioni puo’ sopperire a questa lacuna, senza che, ovviamente, con questo si sconfini in poco corrette azioni di propaganda o di politica puramente di “immagine”.

5) Politica per la casa.

Anche in questo settore la Regione ha competenze rilevanti da fronteggiare. Ma in situazioni di sicura emergenza come l’area metropolitana romana, essa deve svolgere un compito ancora piu’ incisivo. In particolare bisogna osservare che mentre per i centri e i piani di zona di piccole dimensioni puo’ ancora sopperire la Legge regionale n. 73/75 per il resto occorre prevedere un piano pluriennale di finanziamento in conto capitale per allacciare i Piani di zona ai pubblici servizi generali (collettori, opere acquedottistiche, viabilita’) nonche’ per alcune principali opere di urbanizzazione secondarie (servizi sociali ecc.) prevedendo per il resto sia il vincolo di riutilizzare gli “oneri-bucalossi” provenienti dalla edilizia pubblica, sia, eventualmente, favorendo la contrazione di mutui a breve con agevoli regionali. Particolare attenzione merita la riorganizzazione degli I.A.C.P. Soprattutto di quello di Roma – per il peso che queste strutture esercitano nel contesto dell’edilizia pubblica residenziale – potenziandone il ruolo, favorendone efficienza e funzionalita’, anche attraverso l’aggiornamento dei loro statuti per adeguarli alla piu’ recente legislazione del comparto edilizio. Nel contesto della politica della casa particolare attenzione va anche messa al patrimonio immobiliare-in particolare a quello edilizio e abitativo-della Regione e delle IPAB, effettuandone un piu’ preciso censimento, e facendone un uso piu’ appropriato e razionale. Anche l’edilizia scolastica richiede un ulteriore impegno. La situazione igienico-sanitaria di queste strutture nella nostra Regione e’ altamente problematica. Esaurita la programmazione triennale prevista dalla legge n. 488 serve un ulteriore piano per la messa a norma del patrimonio esistente e per soddisfare nuove e piu’ articolate domande. Una particolare attenzione va posta anche alla politica di recupero edilizio. La riqualificazione del patrimonio edilizio esistente e’ un aspetto strettamente integrato ad una politica organica del territorio. La Regione puo’ potenziare il suo ruolo in questo settore sia migliorando gli indirizzi legislativi sia attraverso il rifinanziamento delle leggi esistenti (legge n. 51/82 e legge n. 64/89).

6) Risorse idriche.

Parte essenziale delle politiche per lo sviluppo della qualita’ della vita e’ poi, la difesa delle risorse idriche e la difesa del suolo. L’emergenza idrica sta assumendo anche nella nostra Regione aspetti preoccupanti, soprattutto in alcune zone, dove l’uso di queste risorse e’ andato progressivamente aumentando sia per le utenze civili sia per le utenze industriali. Oltre agli strumenti gia’ esistenti, s’impone dunque la necessita’ di nuovi e approfonditi studi e di piu’ articolati progetti. In questa direzione va la revisione del piano di risanamento delle acque che va effettuata tenendo conto: della evoluzione delle situazioni di fatto intervenute dal 1981 ad oggi; della necessita’ di superare la visione territoriale comunale con quella di bacino idrografico uniformandosi negli indirizzi della legge n. 183/89 ai tini di una puntuale determinazione dello stato di fatto e dei conseguenti interventi necessari; di individuare, anticipando la legge attualmente in discusione in Parlamento, gli ambiti territoriali ottimali nonche’ il modello di gestione di uso di. Tale risorsa nel suo intero ciclo (fondi di attingimento adduzione, rete di distribuzione urbana, raccolta e depurazione delle acque di rifiuto). Sul breve periodo bisogna dare immediata concretizzazione alle disposizioni contenute nella Legge regionale n. 48/90 (primi interventi a tutela delle risorse idro-potabili), che prevede gli interventi finanziari necessari per alcune zone di tutela assoluta. Con opportune integrazioni puo’ essere completato il programma relativo alla prima fase attuativa del piano che comprende interventi a difesa del litorale nei Comuni di Anzio-Nettuno, Civitavecchia-S. Marinella, Ladispoli-Cerveteri, Pomezia-Sabaudia-Piana di Fondi. Un obiettivo da sottolineare resta quello del disinquinamento del tevere con il completamento del sistema di depuratori. Qui va affermato comunque il principio che un bacino idrico di cosi vaste proporzioni sia per gli interessi che intorno ad esso gravitano, sia per la sua dislocazione territoriale, puo’ essere gestito solamente da una autority specificamente costituita. Particolare importanza assume, nell’ambito della pianificazione dei sistemi idrici, la redazione di una variante al piano regolatore per gli acquedotti che sia in grado, nel breve periodo, di quantificare nuovi fabbisogni e nuove risorse con particolare riferimento alle emergenze piu’ acute (vedi acquedotto sottomarino per le Isole Pontine). In questo contesto si pone anche il problema dello smaltimento dei rifiuti sia urbani che industriali. Ricordato che il Lazio e’ stata la prima Regione ad approvare un piano di trattamento dei rifiuti, occorre ora procedere, dopo le opportune verifiche e le eventuali modifiche (vedi ordine del giorno approvato all’unanimita’ dal Consiglio regionale nel maggio-giugno 1989) alla sua concreta e, per quanto possibile, tempestiva attuazione. Per i rifiuti urbani vanno realizzate politiche-a livello regionale provinciale e di bacini di utenza-che tendano, oltre allo smaltimento anche alla trasformazione e al recupero (anche energetico) coinvolgendo parti private ed evitando il pericolo che sui comuni si riversi il peso, anche economico,.dell’intera gestione del problema. La costruzione di nuovi impianti di smaltimento nel territorio regionale significhera’ altresi’ alleggerire gli impianti romani, fortemente congestionati dall’afflusso di rifiuti urbani di altra natura, IV i compresi quelli ospedalieri, provenienti dalle altre province. Verrebbe in tal modo razionalizzato un servizio di importanza primaria sia per gli aspetti di carattere igienico-sanitario, sia per la tutela del territorio nel suo insieme. Per i rifiuti industriali, si ribadisce la necessita’ di procedere con tempestivita’ alla realizzazione delle strutture di stoccaggio e di trattamento (piattaforme polifunzionali) per dare una risposta definitiva ai problemi dell’imprenditoria regionale del settore. Particolare attenzione va posta-infine-alla organizzazione di un efficace sistema di protezione civile attuando la legge n. 37/85 e rivedendola soprattutto per quanto riguarda la predisposizione dei Piani. Occorre individuarne meglio i contenuti e snellirne le procedure. Carattere prioritario riveste la realizzazione del nuovo Centro operativo delle Fraschette, gia’ deliberato dalla Giunta regionale e per il quale esistono i primi finanziamenti. Il rafforzamento del sistema va anche indirizzato alla prevenzione di quelle emergenze stagionali in qualche modo “annunciate” come gli incendi boschivi, che stanno assumendo anche nella nostra Regione il peso di vere e proprie calamita’ naturali.

Considerazioni finali.

Nessun programma – per quanto tessuto a fitte trame-puo’ contenere tutte le realta’ che si vuoi governare. Per questo motivo in una societa’ complicata e in continua mutazione come in quella in cui viviamo, la flessibilita’ piu’ che un requisito metodologico diventa ricchezza culturale e dote politica. D’altra parte ci sono situazioni e problemi che ogni giorno prospettano aspetti nuovi e diversi. Si pensi alle quotidiane situazioni critiche che sul piano individuale e sociale creano la diffusione dell’AIDS e l’espandersi della droga – e la problematica posta dalla crescente presenza di immigrati extracomunitari. Giunta e Consiglio a questi problemi-soprattutto ai primi due- hanno dedicato nella passata Legislatura grande attenzione, con analisi e ricerche, riuscendo ad avere una visione di insieme delle urgenze che essi impongono sul territorio. E per quanto riguarda la droga sono risultate con palese evidenza anche le connessioni col preoccupante espandersi della criminalita’ organizzata anche nella nostra Regione. C’e’ una parte debole della societa’ laziale aggredita da questi fenomeni si delineano nuove poverta’ i cui confini non sono spesso facilmente superabili, ma la cui esistenza e’ certa. Di fronte a questa situazione non e’ sufficiente fare appello al senso generale di solidarieta’; ne’ schierarsi in maniera convinta al fianco del quotidiano lavoro del volontariato di ispirazione laica e cristiana al quale e’ doveroso rivolgere piu’ che un ringraziamento un sostegno convinto, sia in termini finanziari sia in termini di costante disponibilita’ per meglio capire e per meglio decidere. Una ulteriore integrazione al programma derivera’ certamente dall’opera di delegiferazione e di verifica delle leggi di spesa che deve essere tempestivamente effettuata, anche con l’aiuto dell’osservatorio della finanza regionale opportunamente modificato e potenziato. C’e’ infine l’esigenza imposta dalla continuita’ amministrativa di non lasciar cadere azioni positive intraprese nella precedente Legislatura. Anche se alcune di quelle iniziative non sono esplicitamente qui richiamate, esse-dopo opportuna verifica-vanno portate avanti. In questo caso, del resto, la continuita’ amministrativa e’ anche continuita’ politica, sancita dal risultato elettorale che ha dato positivo sigillo al giudizio che sul precedente esecutivo i Partiti della maggioranza avevano sempre espresso. Il programma -insomma – non e’ un masso di marmo. Esso viene concepito come un processo che trova il suo perfezionamento e il suo migliore compimento nella attenzione e nel lavoro quotidiano, una volta fissati gli obiettivi di massima e le strategie di fondo. Questo processo trova il suo primo atto di valore fondamentale nel confronto fra le forze politiche che avviene nell’aula consiliare. La maggioranza si presenta a questo appuntamento con una elevata disponibilita’ al dialogo, pronta ad ogni miglioramento e ad ogni integrazione che possa scaturire da un dibattito privo di inutili pregiudiziali e di infruttuose contrapposizioni. Se alla fine del confronto il programma risultera’ migliorato, vuoi che tutti avremo sfruttato una buona opportunita’ di democrazia sostanziale. Anche il dialogo con le organizzazioni sindacali va visto in questa ottica. Esso viene considerato come un punto molto elevato dello svolgimento complessivo della vita politica regionale. Per questo motivo non puo’ essere esaurito da protocolli settoriali o da tavoli occasionali. Deve avere il senso della continuita’ e deve essere costruito sulla sostanza delle cose, abbandonando o diluendo il piu’ possibile i riti formali. Detto questo la maggioranza e l’esecutivo da essa espresso sono consapevoli delle proprie responsabilita’, e dopo aver esperito in ogni circostanza il dovere del confronto si assumeranno sempre l’onere delle decisioni. Siamo infatti consapevoli che per la societa’ civile e per le sue componenti piu’ attive e dinamiche, il quadro delle decisioni tempestive e coraggiose e’ un elemento essenziale del buon governo e della corretta amministrazione. Lo scenario nel quale collochiamo tutti i nostri sforzi e’ certamente l’europa. In essa, che si sta unificando, intendiamo portare i contributi e la qualita’ di una Regione moderna anche nei servizi e nella qualita’ della vita e non solo economicamente forte e storicamente piena di tradizioni prestigiose. In questo sforzo nessuno dei soggetti attivi della societa’ laziale puo’ rimanere spettatore inerte. Vogliamo essere tutti protagonisti; tutti portatori di idee, di diritti e di doveri. Quanto a questi ultimi, l’esecutivo e la maggioranza sanno di averne piu’ di qualsiasi altra componente. E se ne assumono il peso.

Candidature proposte

Presidente della Giunta regionale: Rodolfo Gigli

  • Agricoltura, foreste, caccia e pesca: Carlo Proietti (vice presidente).
  • Artigianato e industria, commercio, fiere e mercati, cave e torbiere, acque minerali e termali, coordinamento e controllo dei consorzi industriali, formazione professionale: Potito Salatto.
  • Artigianato e industria, commercio, fiere e mercati, cave e torbiere, acque minerali e termali, coordinamento e controllo dei consorzi industriali, formazione professionale: Potito Salatto. Pasetto.
  • Problemi del lavoro, personale, affari generali: Giacomo Troja.
  • Trasporti, sistema integrato dei trasporti regionali, energia e protezione civae: Giuseppe Paliotta.
  • Trasporti, sistema integrato dei trasporti regionali, energia e protezione civae: Giuseppe Paliotta. Ambientali, informazione e documentazione regionale, rapporti con il Consiglio Regionale: Teodoro Cutolo.
  • Enti locali, aggregazioni sovracomunali e servizi sociali: Rodolfo Gigli (ad interim).
  • Urbanistica, assetto del territorio e tutela ambientale: Paolo Tuffi.
  • Lavori pubblici, informatica: Enzo Bernardi.